Desde hace algunos días y algunas noches, me pregunto en vano de dónde sacaré fuerzas para hablar aquí, ahora.
Me gustaría pensar, y espero poder seguir pensándolo todavía, que esas fuerzas, que de otro modo no tendría, me vienen del propio Maurice Blanchot.
¿Y cómo no estremecerse en el momento de pronunciar aquí mismo, en este mismo instante, este nombre, Maurice Blanchot? +
Quisiera plantear algunas hipótesis sobre las formas del complot, sobre las intrigas y los grupos que se constituyen para planificar acciones paralelas y sociedades alternativas.
En principio, el complot supone una conjura y es ilegal porque es secreto; su amenaza implícita no debe atribuirse a la simple peligrosidad de sus métodos sino al carácter clandestino de su organización. Como política, postula la secta, la infiltración, la invisibilidad. +
El que ara començem no ha de ser confós amb cap altre cosa, no pot esser limitat a l’expresió d’un pensament, i encara menys al que justament és considerat com art. És necessari produir i menjar: moltes coses son necesàries i no per això son quelcom, i el mateix succeeix amb l’agitació política.
¿Qui sommia, abans d’haber lluitat fins al final, amb deixar el lloc a homes que és impossible contemplar sense experimentar la necessitat de destruir-los? Però si res pogués trobar-se més enllà de l’activitat política, l’avidesa humana només s’enfrontaria al buit. +
La ‘ritirata’ del politico
Se oggi abbiamo chiesto di parlare, non è per fornire una valutazione accademica o un rapporto finale sul lavoro del Centro nel corso dell’ultimo anno; tanto meno si tratta di ‘riprendere le cose in mano’ e di ridisegnare i contorni di un’ortodossia. No; abbiamo chiesto di parlare semplicemente per rilevare la nostra posizione e il nostro orientamento, per capire dove ci troviamo riguardo alle questioni che erano, e restano, all’origine del Centro. Ci riferiamo, ovviamente, alle nostre questioni – quelle del Discorso di apertura – ma soltanto a condizione di fondere o includere in esse la maniera in cui sono state, a loro volta, fatte oggetto di discussione, oltre che alle nuove questioni cui hanno dato origine. Non vi è alcuna ortodossia in questo, tuttavia esiste una problematica reale, anche se è una problematica che investe il processo di formazione, che ricerca se stessa. Ed è su questo che oggi desideriamo tornare. +
italiano | | Alexis Tocqueville, Aristóteles, Étienne Balibar, Claude Lefort, Edmund Husserl, Emmanuel Lévinas, Hannah Arendt, Henri Bergson, J.G. Fichte, Jacob Rogozinski, Jacques Derrida, Jacques Ranciere, Jean Paul Sartre, Jean-François Lyotard, Jean-Luc Nancy, Karl Marx, Martin Heidegger, Michel Henry, Philippe Lacoue-Labarthe, Philippe Soulez, Pierre Clastres, Sigmund Freud
Agli occhi di coloro che credono di poter valutare l’attività e gli scritti di Maurice Blanchot, come pure di altri, sul modello della democrazia liberale, una parte o tutta l’opera di questo pensatore meriterebbe di essere messa al bando o difesa. Fra coloro, invece, che hanno accolto i suoi scritti come opere di critica, di letteratura e di fenomenologia, le accuse che gli vengono rivolte appaiono sorprendenti: perché mai, ci si chiede, il giornalismo politico di Blanchot durante la guerra e nel periodo fra le due guerre metterebbe in discussione i contributi del dopoguerra? +
italiano | | Alasdair MacIntyre, Boris Souvarine, Hegel, Jacques Derrida, Jean-Luc Nancy, Lars Iyer, Linda Singer, Martin Heidegger, Maurice Blanchot, Mustapha Tlili, René Char